Cosa bevevano gli antichi greci? Acqua, naturalmente, fresca e preziosa quella di sorgente, ma anche attinta da pozzi o piovana, raccolta in grandi cisterne. E poi il vino, spesso diluito con acqua, addolcito con il miele e spesso aromatizzato con erbe come timo e menta o con la resina.
E poi?
E poi c’era il kykeon, che oggi non potremmo considerare completamente come bevanda, nè completamente una pietanza.
Nato con una funzione rituale, era consumato quotidianamente in grande quantità soprattutto dai greci che vivevano nelle campagne.
La base per la preparazione del kykeon era l’ ἄλφῐτον, l’ alphito (o alphita), quello che i romani chiamavano polenta che, come dice Plinio (l. 18. c. 7.) “erat farina subtiliter molita, ad instar cineris, quae quomodo praeparari consueverit. Nempe non simpliciter hordei farina fuit, sed ex hordeo tosto prius, deinde subtiliter fracto […] Era una farina finemente macinata, come la cenere, come si usa preparare. Non era semplicemente una farina d’orzo, ma d’orzo prima cotto, poi tritato finemente”.
La disambiguità che porta molti oggi a considerare il kykeon un’ infuso di orzo, deriva con ogni probabilità dalla confusione che la parola tisana comporta. I latini indicavano con la parola tisana semplicemente una miscela di acqua e farina grossolana d’orzo decorticato, diversa dalla polenta-alphito solo in quanto, appunto, ottenuta dall’ orzo perlato (e questo è rimasto il significato del termine fino a tutto il milleottocento!)
L’ alphito e la sua miscela con acqua (ma anche vino), altri aromi, ma anche formaggio da latte di asina o capra era considerato farmaco, bevanda e cibo.
Ne conosciamo direttamente due versioni, dall’Iliade e dal Inno a Demetra di Omero.
Nell’ Inno a Demetra viene descritta la bevanda che Metanira, regina di Eleusi, offre come ristoro alla dea dopo che questa si era presentata presso la sua dimora ad Eleusi sotto le sembianze di un’ anziana e provata mendicante. Demetra, che era giunta ad Eleusi alla ricerca della figlia Persefone rapita da Ade, rifiuta l’ offerta del vino e chiede a Metanira una coppa di kykeon, aromatizzato con menta fresca.
Questa versione del kykeon, che dal mito assume la funzione rituale per la quale viene offerto agli iniziati ai Misteri di Eleusi alla fine di un periodo di digiuno (di 10 giorni, come i giorni di digiuno di Demetra alla notizia della sparizione di Persefone), veniva preparata facendo tostare semi integrali di orzo, poi pestati in un mortaio fino a diventare una farina grezza (alphito). La farina veniva poi fatta bollire per un lungo periodo, fino a diventare una zuppa densa. Questa pappa veniva poi fatta raffreddare e allungata con 3 parti di acqua per ogni 2 parti di alphito ed insaporita con un pizzico o due di menta (menta romana – mentha pulegium). Si otteneva così il kykeon, che letteralmente significa miscela, miscuglio.
Nell’ Iliade un’altra versione del kykeon viene preparata come farmaco miscelando alphito, vino rosso e formaggio grattuggiato.
Eraclito (Frammento 125) ci informa, probabilmente, su come il kykeon dovesse essere preparato o consumato. Il movimento e la miscelazione costante degli elementi solidi e liquidi della bevanda erano essenziali. In assenza di movimento, anche il kykeon si decompone, infatti…”και ο κυκεων διισταται μη κινουμενος”
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